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Corriere della sera Ue, ecco come gli ostacoli normativi tra gli Stati costituiscono una barriera interna a danno della produttività



Negli ultimi sette anni, il totale della crescita della produttività è stato solo del 2 %. L'Ue ha attualmente circa 100 leggi incentrate sul settore tecnologico e oltre 270 autorità di regolamentazione attive nelle reti digitali in tutti gli Stati membri.


È soltanto di pochi giorni fa l’intervento del presidente Mario Draghi al meeting di Rimini, che con lucidità e puntualità ha esposto gli scenari per l’Unione Europea, in un mondo in cui dominano le potenze geopolitiche di Usa e Cina.


Il presidente Draghi nella sua analisi ha puntato anche il dito sulle barriere esistenti al mercato interno dell’Unione. L’Atto del Mercato Unico fu approvato quasi quarant’anni fa eppure permangono - ricorda Draghi - ostacoli significativi agli scambi interni all’Europa. La loro rimozione avrebbe un impatto sostanziale sulla crescita europea. Il Fondo Monetario Internazionale calcola che, se le nostre barriere interne fossero ridotte al livello di quelle prevalenti negli Stati Uniti, la produttività del lavoro nell’Ue potrebbe essere circa il 7 % più alta dopo sette anni. Si pensi che negli ultimi sette anni, il totale della crescita della produttività è stato solo del 2 %.


Il costo di queste barriere è già visibile. Gli Stati europei si preparano a una gigantesca impresa militare con 2 trilioni di euro — di cui un quarto in Germania — di spesa aggiuntiva nella difesa pianificate tra oggi e il 2031. Eppure abbiamo barriere interne equivalenti a una tariffa del 64 % sui macchinari e del 95 % sui metalli.


Il risultato? Gare d’appalto più lente, costi più alti, maggiori acquisti da fornitori extra-Ue, e nessun stimolo per le nostre economie, tutto a causa delle ostilità che imponiamo a noi stessi. Su tali aspetti ed in particolare sugli ostacoli normativi ancora esistenti tra gli Stati dell’Unione Europea si incentra il presente approfondimento. Le barriere normative limitano la crescita in diversi modi.


In primo luogo, le procedure complesse e costose dei sistemi nazionali scoraggiano gli inventori dal depositare i diritti di proprietà intellettuale, impedendo alle giovani imprese di sfruttare il Mercato unico. In secondo luogo, l’atteggiamento normativo dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’Ue - evidenzia il Documento sul futuro della competitività europea - ha attualmente circa 100 leggi incentrate sul settore tecnologico e oltre 270 autorità di regolamentazione attive nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. In terzo luogo, le aziende digitali sono scoraggiate dall’operare in tutta l’Ue tramite filiali, in quanto si trovano di fronte a requisiti eterogenei, a una proliferazione di agenzie di regolamentazione e al cosiddetto gold plating della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali. In quarto luogo, le limitazioni all’archiviazione e all’elaborazione dei dati creano elevati costi di conformità e ostacolano la creazione di set di dati ampi e integrati per l’addestramento dei modelli di I.A. 


Questa frammentazione pone le aziende dell’Ue in una posizione di svantaggio rispetto agli Stati Uniti, che si affidano al settore privato per costruire vasti set di dati, e alla Cina, che può sfruttare le sue istituzioni centrali per l’aggregazione dei dati. Questo problema è accentuato dal fatto che l’applicazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza potrebbe inibire la cooperazione intrasettoriale. Infine, ma non per importanza, le molteplici e diverse norme nazionali in materia di appalti pubblici generano elevati costi correnti per i fornitori di servizi cloud. L’effetto netto di questo onere normativo è che solo le imprese più grandi, spesso non aventi sede nell’Ue, hanno la capacità finanziaria e l’incentivo a sostenere i costi di conformità. Le giovani imprese tecnologiche innovative potrebbero scegliere di non operare affatto nell’Ue.


Occorre pertanto agire senza indugio per uniformare e semplificare la legislazione tra gli Stati dell’Unione Europea. Non possiamo più permetterci delle inutili barriere legislative create da noi stessi e che producono come risultato un danno tangibile alla nostra economia.


I settori d’intervento sopra delineati sono molteplici. Occorre uno sforzo collettivo per rimuovere tali barriere interne. Tutti gli Stati dell’Unione Europea sono chiamati a partecipare. Ne è in gioco la competitività e il benessere dell’Unione Europea e dei suoi cittadini nel prossimo futuro.


Claudio Vinci - Consigliere Giuridico Ministro della Cultura



Lo Studio è presente con articoli di opinione e approfondimenti legali su testate nazionali